Kerala, lo stato più verde (e più rosso) dell'India



Il Kèrala (കേരളം in lingua malayalam) è uno dei 28 Stati della Grande Madre India, nell'estremo sud del subcontinente. Si affaccia sul Mar Arabico e le sue coste hanno accolto, nei millenni, mercanti di spezie da ogni dove, viaggiatori, conquistatori, greci, romani, olandesi, portoghesi, inglesi. Le antiche denominazioni attribuite a questa terra lussureggiante, i regni di Malabar e Trevancore, riportano alla memoria affascinanti storie lette in qualche libro e ne suggeriscono il fascino e la grandiosa prosperità nei secoli.

Il Kerala è un angolo di Mondo baciato e benedetto dagli Dei, rigonfio di alberi di frutta succosa -cocco, papaya, banane, ananas- e di risaie, disegnato da alte colline ammantate da nebbia e coltivazioni di caffè. Il thè dei monti Gathi è considerato uno dei migliori al mondo e nei secoli le spezie che crescono in questa terra sono state un bottino dall'inestimabile valore commerciale. Il mare e i fiumi che bagnano questi luoghi sono ricolmi di pesci, molluschi e crostacei.

Visto dall'alto, dal sedile di un aereo in arrivo a Cochin o a Trivandrum, il Kerala sembra un tappeto di erba verdissima e fitta: gli alberi ricoprono ogni centimetro lasciato libero dall'acqua e si fanno spazio con prepotenza anche nelle città, tra un edificio e l'altro. L'acqua qui è considerata come una seconda madre: la vita di ognuno è inscindibilmente legata ad essa. Qua piove, tanto. In alcuni periodi dell'anno, con l'arrivo dei monsoni, la forza del cielo si scatena con una furia a volte spaventosa. In altri periodi la pioggia è meno pericolosa ma sempre abbondante, tiepida, quasi piacevole. Le Backwaters, una ampia rete fittissima di lagune, corsi d'acqua e canali che si uniscono al mare, sono uno spettacolo unico e incantevole e attraggono ogni anno migliaia di turisti da ogni parte del mondo.

La gente ha la pelle scura come il cioccolato fondente e i loro sorrisi bianchi e brillanti sono dolci come gli ananas che vendono ai banchetti lungo la strada. Molti ti salutano ancora quando cammini per strada: i ragazzi giovani e maliziosi, le donne timide e dalla bellezza luminosa, i bimbi coraggiosi che ti si piazzano di fronte e ti osservano curiosi, gli anziani che con entusiasmo fanno "ciao" con la mano. Camminando fuori dalle vie principali è frequente vedere uomini che, con la stessa agilità degli scoiattoli, si arrampicano senza sforzo apparente in cima alle palme più alte per raccoglierne i frutti; dove c'è dell'acqua poi, che sia un laghetto o un canale, c'è sempre almeno una donna che si lava i capelli e li unge con abbondante olio di cocco profumato, rendendone il nero più lucido del piumaggio dei corvi.

Il Kerala è un Mondo a sé: la popolazione è sì hindu, ma soprattutto cristiana o, più raramente, musulmana. Le città non sono caotiche, mediamente sono meno inquinate e meno invase dalla plastica; il sistema scolastico è capillare (91% di alfabetizzazione) e tra i migliori del mondo, a quanto pare; ha il più basso tasso di corruzione dell'intero Paese; la povertà è nettamente inferiore rispetto al resto dell'India e le discriminazioni castali quasi (quasi!) non esistono; l'emancipazione e l'occupazione femminile qua fa modello per gli altri Stati (per fare un esempio emblematico, il Sindaco di Trivandrum è una studentessa marxista che è stata eletta a 20 anni).



E ora arriviamo al punto più interessante e forse inaspettato, cioè che il Kerala è tanto verde nell'aspetto quanto rosso nell'anima: qua il Bjp (Bharatiya Janata Party) e l'ultranazionalismo hindu del primo ministro Narendra Modi non attaccano. Il Kerala è culla e fortezza del comunismo indiano e ovunque (OVUNQUE!) -per le strade, appese dagli edifici, sulle auto- sventolano le bandiere rosse con falce e martello. È stato il primo Stato al mondo ad aver eletto democraticamente un candidato comunista (che divenne poi il primo ministro del Kerala dopo l'indipendenza del 47) e resiste al Bjp dilagante di Modi. Qua la hindi (lingua franca dell'Unione) non la parla quasi nessuno, inutile che ci provi: loro parlano malayalam e ne vanno profondamente fieri, così come sono fieri della propria terra, della propria cultura, del proprio cibo piccantissimo e colorato. È gente dolce ma resistente, pacifica ma che non esita a scendere in strada a protestare e a fare sentire la propria voce. 


Scrittori di fama mondiale hanno ambientato proprio in questa terra calda le vicende dei loro indimenticabili romanzi, come la ribelle Arundhati Roy con il suo magnifico "Il Dio delle piccole cose" o come Abraham Verghese con "Il patto dell'acqua ". A proposito, se ancora non li avete letti vi consiglio caldamente di farlo: attraverso le loro pagine questi luoghi appaiono vividi e pulsanti, come se li avessimo di fronte.

Insomma... Alla vigilia della mia partenza con un treno notturno che mi porterà 870 km più a nord, lontano da questa terra, già sento la nostalgia. 

Perché quando si è in Viaggio non si può sapere se sarà un arrivederci o un addio...

Commenti

  1. Leggo in questi giorni “ il patto dell’acqua “ e attraverso le tue emozioni, le parole del libro diventano suggestione …
    Chiudo gli occhi e mi immergo tra profumi e colori, GRAZIE!

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