Ritiro spirituale in un Ashram in India: vi parlo dello Shivananda
Innanzitutto, partiamo dal significato di questa parola ai più sconosciuta: un ashram (dal sanscrito आश्रम) nella tradizione indiana indica un luogo, in genere appartato e lontano dal caos dei centri abitati, dove si praticano lo yoga e la meditazione. È un luogo di pace e raccoglimento, di introspezione e spiritualità. È ciò che noi potremmo chiamare "monastero", anche se la traduzione non è propriamente esatta.
Sotto consiglio della mia nuova amica Martina, acuta anima errante e intrepida viaggiatrice solitaria (@ni_night grazie grazie grazie!!!) ho deciso di iniziare questo mio Viaggio verso l'Asia proprio da un ashram e ci ho trascorso, in totale, 16 giorni. Pur non avendone mai visto nemmeno uno e senza aver mai praticato seriamente né la meditazione né lo yoga, ho capito che sarebbe stato il luogo migliore da cui partire. Terapia d'urto, potrebbe essere definita nel mio caso. In effetti così può sembrare: la routine quotidiana allo Shivananda è tutt'altro che blanda e i ritmi sono, senza esagerazioni, quasi da caserma. Scherzosamente, a volte lo chiamavamo "Military Yoga".
Eppure, io di questo sentivo il bisogno: ordine, raccoglimento, meditazione, equilibrio.
COM'È UN ASHRAM?
Di Ashram in giro per il mondo è pieno e, come detto poco fa, fino al mese scorso non avevo alcuna esperienza in materia. Mi limito, perciò, a descrivere lo Shivananda, ma so che le differenze tra uno e l'altro possono essere notevoli.
Lo Shivananda sorge in un luogo incantato che sembra uscito da un romanzo di Kipling: da Trivandrum (la capitale dello stato indiano del Kerala), dopo 30 chilometri di curve in salita e strade malconce, si giunge nel cuore della foresta. Qui, proprio di fronte ad un grande lago quieto e luminoso, circondato come in un abbraccio dalla vegetazione selvaggia e da alte colline, sorge il centro. Cinto da mura, lo Shivananda è formato da una moltitudine di edifici dalla foggia semplice ma al contempo funzionale ed esteticamente in armonia con l'ambiente circostante. Per coloro che hanno la fortuna di vivere un'esperienza qui, l'ingresso, la prima volta che lo si varca, toglie il fiato: una scalinata e un alto portone scuro fanno da spartiacque tra il "fuori" e il "dentro". Quando, con un'euforia incontenibile mista ad un leggero nervosismo, ho messo piede al suo interno, sono rimasta letteralmente incantata da ciò che mi si è presentato alla vista: piccoli stagni sormontati da scure statue di divinità hindu, che danno il benvenuto con il loro sorriso indecifrabile; un'enorme sala dal pavimento di marmo nero dove si svolgono le lezioni di yoga, meditazione e i canti serali, circondata da alti archi che si affacciano sulla foresta sottostante da cui echeggia, potente, un canto quasi primordiale; sulla destra la zona del tempio, un'oasi di pace, canti mattutini, meditazione e profumo di incenso; sulla sinistra un vialetto che porta alle varie tipologie di alloggio: i dormitori femminili e quelli maschili (uomini e donne RIGOROSAMENTE separati), le camere doppie e le camere singole; e poi, oltre il cortiletto centrale dove ogni mattina si beve il tè tutti insieme, ancora un'altra enorme sala per lo yoga; il refettorio; un piccolo negozietto dove si trova un po' di tutto; gli alloggi di chi vive e lavora nell'ashram; un piccolo "bar" che serve thè, succhi e insalate di frutta, aperto un paio di ore al giorno.
Una piccola cittadella fortificata in mezzo a una Natura dalla sfrontata bellezza.
Un microcosmo perfettamente funzionante.
Un Mondo fuori dal mondo.
Lo Shivananda è ordine, rigore e pace.
CI SONO REGOLE?
Oh sì, eccome.
•Innanzitutto, come già accennato, uomini e donne dormono divisi. Atteggiamenti provocatori nei confronti dell'altro sesso sono caldamente sconsigliati, per non dire vietati. D'altronde in un Ashram si entra per meditare, non certo per lumacare come nelle discoteche di provincia.
•Il dress-code parla chiaro: niente pantaloncini o gonne corte, niente canottiere maliziose, niente vestiti attillati. Di nuovo, in Ashram non si va per fare l'aperitivo del venerdì sera.
• Sveglia alle 5.20, luci spente tassativamente alle 22.30 (sempre che si arrivi a quell'ora ancora svegli).
• È caldamente consigliato partecipare a tutti gli appuntamenti della giornata anche se, naturalmente, nessuno ti punta una pistola alla tempia se un giorno si hanno gli ammennicoli in giostra e si vuole stare nel letto.
• Silenzio durante i pasti (non sempre rispettato in primis dalla sottoscritta che, per i primi 8 anni di scuola, è tornata quotidianamente a casa con una nota sul diario per "disturbo durante la lezione") per concentrarsi su ciò che si mangia, evitando di ingurgitare il cibo senza avere consapevolezza di ciò che si ha nel piatto. Anche il momento del pasto diventa un momento di meditazione. Ah... dimenticavo: si mangia per terra, seduti su una stuoia tutti in fila uno accanto all'altro, nel piatto di metallo che viene consegnato al momento del check-in: è compito di ognuno portarsi dietro il necessario per il pasto e lavare le proprie cose una volta terminato.
• Silenzio durante le lezioni di Yoga e durante i Satsang (meditazione e canti) mattutini e serali.
• Dall'ashram NON SI PUÒ uscire (ecco perché l'importanza delle mura intorno!) se non il venerdì. Personalmente, questa è stata la regola che più ho fatto fatica a rispettare: avrei dato non so cosa per poter passeggiare al tramonto lungo il lago o per sorseggiare un chai al chioschetto nel villaggetto lì accanto. C'è chi dice che la regola è stata introdotta dopo che anni fa un ragazzo ospite del centro è sparito, probabilmente annegato nel lago; altri sostengono che uscire da lì impedirebbe una profonda concentrazione. In ogni caso, io ho meditato piani di evasione più volte ma con risultati deludenti.
•Tutti sono tenuti ad aiutare e a dare una mano per il mantenimento e la pulizia dell'ashram, nessuno può esimersi. I compiti sono i più diversi: pulire i dormitori, servire il pasto ai compagni, strappare le erbacce e accorciare l'erba (a mano ovviamente: india-style!), spazzare i vialetti, lavare le sale comuni, servire ai tavoli del bar. Il cosiddetto Karma Yoga non si svolge per tutti nello stesso momento: normalmente è programmato alle 11, ma chi, ad esempio, ha il compito di servire la cena naturalmente avrà il turno di lavoro in un orario diverso.
COM'È LA ROUTINE NELL'ASHRAM?
Impegnativa! Scordatevi un ritiro spirituale hippie all'insegna del relax e dei tempi morbidi: allo Shivananda non si perde tempo.
•ore 5.20 sveglia
•ore 6 meditazione e Satsang
•ore 7.30 thè
•ore 8 prima lezione di Yoga (2 h)
•ore 10 brunch (in realtà, il pasto più abbondante della giornata)
•ore 11 Karma Yoga (1h circa)
•ore 12 lezione di meditazione o canti (1,5 h circa)
•ore 12.30 lezioni in piccoli gruppi di Yoga per avere chiarimenti su singole asana (posizioni), opzionale
•ore 13.30 thè e frutta
•ore 14 lezione di letteratura, cultura e tradizione
•ore 15.30 seconda lezione di Yoga (2 h)
•ore 18 cena
•ore 20 meditazione e canti (1,5 h)
•ore 22 decesso nel letto fino all'alba successiva.
Con questa tabella di marcia militaresca anche solo lavarsi i vestiti (c'è una lavanderia, ma lavarli a mano è più in linea con il "mood" del luogo) o fare una telefonata a casa diventa piuttosto complicato.
Nonostante questo, i miei 16 giorni (rin)chiusa nello Shivananda si sono rivelati un'esperienza al di sopra delle mie più rosee aspettative e non c'è stata mai una volta -nemmeno una- in cui io abbia rimpianto di aver preso questa decisione.
Il Tempo in quel microcosmo efficiente e quieto lontano dalla Vita frenetica a cui tutti, chi più chi meno, sono abituati, assume forme mai sperimentate. Perdere il contatto con la realtà è una conseguenza inevitabile e uscire da lì, personalmente, si è rivelato leggermente scioccante: dopo due settimane in cui il silenzio era rotto esclusivamente dal canto continuo ma discreto della Natura, rimettere piede nel caos indiano è stato come minimo disorientante.
IN CONCLUSIONE
Molti mi hanno chiesto:" ti senti cambiata dopo questa esperienza?" No, cambiata credo sia un termine esagerato e, a mio avviso, un tantino abusato soprattutto in questi frangenti. Di certo mi sento molto più ricca: personalmente, emotivamente, spiritualmente.
E scusate se è poco.
Sapore di avventura ma anche consapevolezza… un bel mix direi!
RispondiEliminaQuanto ti ha impegnata la meditazione? Mi chiedevo quante energie sono state necessarie e quanto i dolori o le gioie dell anima vengano allo scoperto…